Diritto all’Oblio: la cancellazione dei dati in rete
Origine e Nozione del Diritto all’Oblio
Un Caso Legale per Capire il Diritto
Una delle prime applicazioni del diritto all’oblio si ebbe nel 1931, nel caso statunitense Melvin v. Reid, dove la protagonista, modificò alcuni aspetti della propria esistenza, sposando un uomo onesto e intraprendendo una vita riservata.
Sette anni dopo una casa di produzione cinematografica produsse un film che la vedeva come protagonista (utilizzando peraltro il nome della Melvin da nubile). La signora Melvin chiese opportuna tutela giuridica e il tribunale stabilì che ogni persona ha diritto alla felicità, che include la libertà da inutili attacchi alla propria persona, condizione sociale o reputazione.
Si tratta di una delle prime applicazioni del cosiddetto diritto all’oblio, inteso come l’interesse a non vedere diffusi, senza motivo, i precedenti lesivi della personalità e dell’onore di una persona, con riferimento soprattutto ai precedenti giudiziari.
In altre parole, il diritto all’oblio si sostanzia nel diritto del soggetto ad essere dimenticato relativamente a fatti e circostanze che siano stati oggetto di cronaca in passato.
Gli elementi fondamentali alla base dell’esercizio del diritto all’oblio sono, dunque:
- Il trascorrere del tempo
- Il disinteresse per i fatti
- La notizia in oggetto.
La Suprema Corte di Cassazione, da ultimo, con la sentenza 16111 del 2013 ha precisato che, per reiterare legittimamente notizie attinenti a fatti remoti nel tempo, è necessario il rilevante collegamento con la realtà attuale e la concreta utilità della notizia.
Quando, dunque, la notizia perde di interesse per il pubblico, avendo già esaudito le finalità connesse al diritto di informazione e cronaca, trova tutela la reputazione e la riservatezza delle persone precedentemente coinvolte nel tempo.
Il diritto all’oblio esercitato per notizie, fatti e immagini pubblicati online, comporta la cancellazione dagli archivi della rete, di tutto quel che concerne soggetti che si siano resi in passato protagonisti di fatti di cronaca.
Con la decisione Google Spain del 2014 (Google Spain contro Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Mario Costeja González) la Corte di Giustizia ha formalmente esplicato la sussistenza del diritto all’oblio, quale espressione del diritto alla privacy in riferimento a vicende personali diffuse online e che non siano più di pubblico interesse.
Un altro caso che possiamo analizzare è il caso del sig. Mario Gonzales che negli anni Novanta, aveva subito il pignoramento di una casa di sua proprietà per non aver onorato alcuni debiti. Nel 2013, a distanza di molti anni dai fatti, digitando il nominativo del protagonista sui mo- tori di ricerca appariva la notizia del precedente pignoramento, che aveva trovato anni prima ospitalità su un quotidiano a diffusione nazionale.
Il sig. Gonzales ha dunque chiesto a Google di eliminare il link alle pagine contenenti le notizie, e al quotidiano di cancellare la notizia dalle pagine.
Il Garante spagnolo ha respinto il ricorso contro il quotidiano (con la motivazione che la pubblicazione costituiva un adempimento a un obbligo di legge) ma lo ha accolto nei confronti del motore di ricerca. La questione arrivata alla Corte di Giustizia è stata decisa in favore di Gonzales, con la condanna di Google alla rimozione dei riferimenti a Gonzales.
Il Tribunale di Roma in una sentenza del 2015 ha applicato i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia sul caso Google, in particolare l’invito a verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione riguardante la sua persona non venga più collegata al suo nome da un elenco di risultati visibili al pubblico a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome.
Un dato fattuale imprescindibile è che l’applicazione del diritto dell’oblio alla rete presenta alcuni nodi problematici di carattere specificatamente tecnico.
I dati immessi nella rete sovente non consentono l’oblio totale anche in seguito alla cancellazione dal sito in esso contenuti. È, allo stato, impossibile escludere che le immagini o i dati anche se cancellati dal sito in cui erano stati originariamente pubblicati non siano in possesso di terzi, i quali ne abbiano tratto copia.
Inoltre, alcuni motori di ricerca si avvalgono di servizi di archivistica e della funzione di copia cache.
D’altra parte, i fornitori di servizi non sono tenuti a ottemperare a qualsivoglia richiesta di utente che richieda la cancellazione di dati, e talvolta di interi profili. Senza contare che la cancellazione non può avere i requisiti di immediatezza tipici della immissione nel web.
In proposito, peraltro, la famosa sentenza Google Spain non ha certo istituzionalizzato il diritto all’oblio valevole per ogni qualsivoglia ipotesi di mutamento di pensiero.
Non esiste il diritto a ottenere la cancellazione di quanto non ci piace più né si può modificare il passato o la realtà storica, né può ottenersi la cancellazione degli archivi giornalistici.
La tutela affidata al diritto all’oblio e applicata a internet risente, inoltre, di alcune incertezze nell’applicazione pratica riguardanti soprattutto il limite temporale oltre il quale si possa ritenere che la notizia non sia più di interesse pubblico.
Il diritto all’oblio, dunque, non è il diritto incondizionato a vedere cancellate notizie spiacevoli o scomode. Nella valutazione dell’opportunità di eliminare link e riferimenti a fatti e informazioni vanno sempre valutati l’interesse del pubblico e il criterio di verità della notizia.
Il diritto all’oblio indica, inoltre, anche il diritto alla cancellazione dei dati personali, come esplicitamente previsto dal recente Regolamento europeo in materia.
L’art. 17 Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 espressamente prevede che l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:
- I dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
- L’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
- L’interessato si oppone al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2;
- I dati personali sono stati trattati illecitamente.
Fermo restando che tali statuizioni non prevalgono sul diritto di espressione o di informazione, come esplicitamente previsto dall’articolo 17, al punto 3 del regolamento UE.
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