Storytelling: Raccontare le Emozioni
Storytelling: Raccontare le emozioni
Raccontare una storia vuol dire emozionare. A prescindere che il tuo prodotto/brand debba risolvere problemi razionali, cognitivi o emozionali, devi saper coinvolgere e creare interesse, perché oggi il marketing è basato sulle emozioni. Fare storytelling però non vuol dire pensare a cosa ti emoziona, ma cosa emoziona il tuo pubblico. Non è detto che una storia che in te suscita sensazioni emozionanti sia altrettanto importante (o percepita come tale) da chi la ascolta.
Troppo spesso le aziende hanno ragionato in questo modo: “ se piace a noi piace anche agli altri” oppure “è impossibile che questo non piaccia”. Il mondo è fatto di opinioni, sensazioni, punti di vista così diversi che non si può più cadere nella trappola del qualunquismo.
Oggi il marketing ruota intorno ai desideri, non ai bisogni. Alla base della decisione d’acquisto c’è sì un problema e una necessità (ho bisogno di un prodotto per fare il bucato, ho bisogno di un vestito per un appuntamento, devo fare colazione, devo riparare una cornice rotta) ma è ai desideri che devi dare risposta (voglio fare il bucato senza pensieri, vorrei avere un look alla moda, mi piacerebbe cominciare la giornata con il cioccolato, immortalare un ricordo indelebile mi regalerebbe sempre un sorriso). Tutti, prima di un prodotto, cercano emozioni.
Ecco che quindi lo storytelling serve per coinvolgere un pubblico suscitando in lui delle emozioni che lo colpiscano al punto tale da fargli mettere mano al portafogli. Ma come raccontare una storia di questo tipo? Qualsiasi esperienza, soprattutto se legata alla vita vera, può essere in grado di fare emotional branding, creare cioè quel legame tra brand e consumatori basato su un’esperienza emozionale che soddisfa un loro desiderio. Devi solo individuare quelle che credi possano suscitare una reazione tale da diventare riconoscibili.
Il tuo può essere un racconto di perdita, che è un concetto alla base delle storie di salvezza, dove l’obiettivo è quello di trasmettere speranza. Da una situazione di buio alla luce, sono le narrazioni di liberazione, riparo e difesa. È il caso dello spot Edeka del 2015, una catena tedesca di supermercati che ha fatto molto parlare di sé.
Lo spot parla della sensazione di perdita di un anziano signore, con il quale ormai nessuno dei suoi figli trascorre più il Natale da anni. Lo spot inizialmente non ha parole (se non quelle registrate della segreteria telefonica dove la figlia avvisa il padre che non potranno passare le feste insieme), né testo a comparsa (a parte quella conclusiva), solo una canzone molto dolce che ci fa provare un moto di tenerezza nei confronti di questo anziano signore che mangia da solo il giorno di Natale ogni anno che passa. Finché non vediamo inquadrati altri protagonisti, un uomo in carriera in Cina, una madre alla prese con i figli, un medico in ospedale: tutti ricevono un avviso di lutto. Intuiamo che il signore anziano è deceduto, tutti si precipitano in nero a casa sua, si abbracciano, in un clima di tristezza. Arrivando a casa del padre, però, trovano la tavola apparecchiata, le candele accese e l’albero di Natale. Ecco comparire l’anziano signore dalla cucina, si scusa con loro dicendo: «In che altro modo avrei potuto avervi tutti qui e stare insieme?» e la nipotina corre da lui. Come termina lo spot? Tutti insieme a tavola, come lui sperava da anni e la frase “per tornare a casa” seguita dal logo della catena dei supermercati.
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Questo spot racconta la storia di una rinascita, da una situazione di tristezza a cui inevitabilmente ci sentiamo vicini, perché la comprendiamo (e in cui forse, purtroppo, ci riconosciamo) ad una di speranza, come la gioia dello stare insieme, soprattutto a Natale. Non c’è narrazione testuale, solo una storia, scene e musica. Il brand non compare mai, se non alla fine con il logo a chiusura dello spot. È un crescendo di emozioni, dove la salvezza è collettiva, coinvolge tutta la famiglia, così come la nostra. Guarderemo con occhi diversi il giorno di Natale e quando ci capiterà di pensare a quel logo comparso alla fine, ci verrà in mente una storia di speranza.
Quello della rinascita è un tema molto comune in diverse comunicazioni di brand. Spesso i marchi sportivi, salutisti e biologici la declinano in storie di trasformazione, perché il messaggio che vogliono comunicare è che ciò che conta è avviare un cambiamento di mentalità per raggiungere una situazione di miglioramento. Ad esempio le bevande Gatorade consentono al protagonista della storia, ovvero lo sportivo, di raggiungere i suoi obiettivi di performance sportiva, trasformandosi da semplice sportivo ad atleta.
Cambiare è difficile, farlo però porta al successo. Non si tratta di costruire una storia in cui comunichi in maniera esplicita che usando il tuo prodotto o servizio permetterai il raggiungimento di questo obiettivo, devi comunque trovare una forma narrativa, una storia che appassioni gli spettatori. Insomma, devi rimanere un po’ in disparte, come ha fatto Edeka con lo spot di Natale.
Il tuo brand deve essere ispirazione, sostegno e direzione, le emozioni a cui devi puntare sono sintonia e coinvolgimento emotivo. Al centro della storia c’è la storia, ovvero il protagonista.
Entrambi i concetti, rinascita e trasformazione, sono alla base dello spot per le Olimpiadi 2012 di Procter & Gamble (uno dei gruppi industriali più importanti del mondo, che conta decine di brand di prodotti): diventato talmente virale che il brand ha realizzato altri video per il 2014, il 2016 e il 2018. Racconta tante storie di bambini di varie nazionalità che grazie alle loro mamme crescono appassionandosi ad uno sport, che li porterà alle Olimpiadi. Le mamme fanno i conti con le loro difficoltà quotidiane, con sacrifici e rinunce, ma senza mai lasciare i loro figli. I protagonisti sono i bambini e le loro mamme, Procter & Gamble compare solo alla fine dopo il payoff: “Il lavoro più duro del mondo, è il lavoro più bello del mondo. Grazie mamma” e si dichiara fiero sponsor di tutte le mamme.
Procter & Gamble parla alle mamme che ogni giorno seguono i propri figli, ai figli, agli sportivi, ai genitori in genere. E lo fa raccontando il processo di trasformazione per eccellenza: la crescita.
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Ti lascio per ultimo questo sensazionale video di Wolkswagen Italia che ha proposto un uno spot che racconta una storia in grado di emozionare e fidelizzare il cliente.
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Non sono un nativo digitale e lo considero una fortuna, perché questo mi ha permesso di comprendere dall'esterno il grande potenziale della comunicazione online. Comunicare online, significa abituare il pensiero a riconnettersi al mondo reale per far leva su ciò che vogliamo migliorare del nostro mondo digitale: perché il marketing non'è più una questione di ciò che produci, ma della storia che racconti; il cliente non si cerca, si attrae
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